Conscript, la recensione (2024)

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Del tutto privo degli elementi soprannaturali tanto cari all'horror videoludico, Conscript dipinge in maniera cruda la guerra e la disperazione che porta.

RECENSIONE di Giulia Martino 06/08/2024

Conscript, la recensione (1)

"Sento di essere nato per creare su questo gioco". Sono parole di Jordan Mochi, sviluppatore di Conscript, tratte da un'intervista concessa a Eric Bartelson. Questa è l'opera prima di Mochi, che non aveva alcuna esperienza pregressa prima di scaricare GameMaker e dedicarsi per sei anni alla sua creatura. Visto il risultato finale, sorge una riflessione: a volte è necessaria la freschezza di un nuovo sguardo per regalare una prospettiva diversa a un tema abusato. Il tema, qui, è quello della guerra, onnipresente nel mondo videoludico fin dai suoi albori: la storia dei videogiochi si è intrecciata dal suo inizio con quella dell'industria bellica.

Laureato in Storia presso l'Università di Melbourne, Mochi si è ispirato a Resident Evil e Silent Hill per poi fare di testa sua. Non si è inventato nulla: è bastato aprire i libri per tirar fuori alcuni tra gli orrori peggiori nella lunga lista di nefandezze compiute dalla specie umana. Come l'uso del fosgene nel corso della battaglia di Verdun - durante la quale Conscript è ambientato - un gas che non veniva filtrato dalle maschere francesi, e che causava la morte per emorragie interne e insufficienza respiratoria. André, protagonista del videogioco sviluppato da Mochi, incontra un commilitone vittima del gas nelle primissime battute del gioco: "Meglio lasciarlo stare", dice, mentre l'uomo si contorce e urla in maniera straziante. "È stato appena gassato". Conscript è fatto di questi momenti, e riesce a risultare innovativo grazie ad alcune dinamiche di gioco capaci di catturare la disumanità della guerra, e di farci comprendere che i veri mostri non sono quelli delle favole, ma siamo noi esseri umani.

Coscritto

Al giorno d'oggi, in molti Stati occidentali è stata eliminata la coscrizione, ossia l'iscrizione in apposite liste dei cittadini suscettibili per legge alla chiamata per il servizio militare. In Italia, la coscrizione è stata cancellata dal legislatore nel 2005. Nel videogioco di Jordan Mochi, la forza del dovere è manifestata fin dal titolo, dove CONSCRIPT è scritto in maiuscolo, a rappresentare perfettamente il peso imposto su André, protagonista del gioco, su suo fratello Pierre e sui milioni di soldati coinvolti in quell'orrore che fu la Prima Guerra Mondiale.

Conscript, la recensione (2)

Conscript prende le mosse a metà luglio, nel 1916. La Francia sta resistendo all'invasione tedesca, ma la battaglia di Verdun sta volgendo al peggio. All'esercito nemico resta da conquistare soltanto l'ultimo caposaldo, il forte di Souville, per riuscire a scardinare la resistenza di Verdun e poter così marciare in direzione della capitale Parigi. André non lo sa, ma la fine della battaglia è ancora lontana: iniziata il 21 febbraio di quell'anno, terminò soltanto il 19 dicembre, e regalò a Verdun il tremendo primato come campo di battaglia con la maggiore densità di morti per metro quadro.

André deve muoversi nelle trincee sporche, polverose e spettrali che fanno da sfondo alla battaglia, tra tunnel, fortini e stanzette umide in cui si accumulano i morti, impilati l'uno sull'altro e assaliti prima dalle mosche, poi dai ratti. Dei ratti riparleremo a breve, perché si tratta forse dell'idea più interessante proposta da Mochi all'interno della sua opera. Le trincee sono un luogo terribile nella loro banalità e ripetitività: terra battuta, barriere, scacchiere per ingannare il tempo tra un assalto e l'altro.

Conscript, la recensione (3)

Nel loro ventre, André dovrà lottare con le unghie e con i denti per mantenere la promessa fatta alla madre: riportare a casa sé stesso e suo fratello, sani e salvi. Solo che Pierre viene ferito all'inizio del gioco, per poi scomparire chissà dove. La discesa all'inferno di André sarà precipitosa e inevitabile.

La piaga dei ratti

Insieme ad André, comprenderemo che non servono i mostri di Resident Evil o Silent Hill per terrorizzare: i veri mostri siamo noi esseri umani. Non esistono buoni, in Conscript; il nostro superiore ha una pallottola tanto per i tedeschi, tanto per i suoi sottoposti che decidono di darsela a gambe e fuggire dai loro doveri.

Conscript, la recensione (4)

Muoversi nelle trincee è difficile da ogni punto di vista: l'inventario ha una capienza limitata, così come pochissime sono le munizioni - è questa la principale eredità dei classici del genere survival horror all'interno del gioco - e anche per salvare i propri progressi è necessario consumare inchiostro, salvo che si scelga di affrontare il gioco a un livello di difficoltà più facile rispetto a quello standard.

In Conscript, André viene spesso frenato dalle numerose misure di sicurezza poste a presidio delle trincee. Capita, infatti, che i tedeschi riescano a scendere nei tunnel francesi; per questo, molte porte sono sbarrate o difese dal filo spinato, e anche i preziosissimi piccioni viaggiatori - all'epoca ancora utilizzati per trasmettere messaggi - sono difesi da gabbie scrupolosamente chiuse a chiave. L'esplorazione è tortuosa, e il backtracking necessario per muoversi da una parte all'altra della trincea è volutamente frustrante. Conscript non è un'esperienza accogliente, e non vuole esserlo: Mochi sa che queste spigolosità gli costeranno una buona fetta di pubblico, ma, nonostante ciò, decide di andare fino in fondo con le sue scelte.

Conscript, la recensione (5)

Simbolo più potente dell'orrore della guerra è il destino delle carcasse dei nemici. Quando si uccide un soldato tedesco, il suo corpo sarà dapprima coperto di mosche, e poi da qualcos'altro - qualcosa di solo apparentemente banale. Erano loro il vero incubo delle trincee: i ratti. Milioni e milioni di ratti. Ingrassati dalla carne umana disponibile in grandi quantità, diffondevano malattie in trincea, mordevano i soldati durante il sonno, trasportavano in giro pezzi di cadaveri. In Conscript, essere morsi dai ratti attirati dai corpi dei tedeschi morti vuol dire perdere una grossa porzione della risicata barra della vita del protagonista, ma anche rischiare di ammalarsi e di veder calare la propria salute massima.

Visto che si è spesso costretti a tornare sui propri passi, in un terribile andirivieni per le trincee, i ratti diventano una parte essenziale delle dinamiche di gioco che rendono Conscript un survival horror davvero memorabile, anche a causa della limitatezza delle risorse - come le granate - che ci permettono di tenerli a bada.

Combattere fino all'ultimo uomo

Tra le urla dei soldati colpiti dall'artiglieria e i rantoli disperati delle vittime del gas fosgene, CONSCRIPT non risparmia al giocatore violenze di ogni genere. I combattimenti si svolgono con armi di ogni tipo, dai coltelli ai fucili a pompa, passando per le pale, onnipresenti in trincea ("Non facciamo altro che scavare. Non voglio mai più toccare una pala in vita mia dopo la fine di questa guerra", dice André alla vista dell'ennesima pala). Contrariamente a quanto avviene in videogiochi come Call of Duty, la guerra e la violenza non vengono in alcun modo imbellettate o glorificate. Non c'è sollievo, non c'è vittoria, non c'è alcun tipo di divertimento.

Conscript, la recensione (6)

Uccidere ha un costo non soltanto a livello di gameplay - come scritto sopra, è probabile che ciò ci costringerà ad affrontare un'orda di zozzissimi ratti in futuro - ma anche emotivo. Dalle tasche dei tedeschi potremo recuperare sigarette (amatissime dal soldato che ci permetterà di fare acquisti e potenziare le nostre armi), ma anche foto di fidanzate, mamme, casette di campagna. Sono questi i tocchi che rendono memorabile - e dolorosa - questa lunga esperienza di gioco, che dura circa venti ore ma può essere ulteriormente prolungata, data la presenza di diversi finali. Anche la gestione dell'inventario è un'agonia: le casse in cui possiamo depositare e in seguito ritirare oggetti, munizioni, armi e oggetti curativi sono rare e sparse in punti spesso poco accessibili delle trincee. La guerra non è soltanto orribile: è anche scomoda, faticosa, pesante come quelle stupide pale che André non vuole mai più vedere in vita sua.

Sporcizia e orrore in pixel art

Jordan Mochi è riuscito a fare di necessità virtù da ogni punto di vista, anche sotto il profilo artistico. Privo di conoscenze di programmazione e non dotato di un background tecnico, ha adottato una pixel art sporca e grezza, perfetta per rappresentare l'orrore delle trincee con una visuale che guarda dall'alto verso il basso, con un'attenzione particolare verso l'effettistica dei colpi di mortaio e delle loro ripercussioni sulla fragile architettura dei tunnel. Conscript è buio, lercio, infangato; è un pozzo aperto sull'abisso della Storia e dell'animo umano; è del tutto privo dell'eroismo che vediamo invece rappresentato sui manifesti originali dell'epoca, appesi sui muri delle trincee, in cui soldati disegnati vestiti di tutto punto ricordano il dovere ai poveracci a cui toccava davvero avere a che fare con fosgene, pallottole e ratti, milioni di ratti.

Conscript, la recensione (7)

Il lavoro svolto sul suono è egualmente encomiabile, e ci sentiamo di consigliare la fruizione di Conscript con un paio di cuffie per aumentare il coinvolgimento nelle vicende anche dal punto di vista sonoro. Non mancano le musiche, ma la parte del leone la fanno gli effetti diegetici, dalle urla dei soldati feriti ai passi pesanti quando si prova a correre, salvo stancarsi dopo appena pochi secondi. Manca una traduzione dei testi in lingua italiana, ma Conscript è per la gran parte un'esperienza silenziosa, con pochi dialoghi e descrizioni, e risulta fruibile in inglese anche da parte di chi non ha una conoscenza approfondita della lingua.

Conclusioni

Versione testata PC Windows

Digital Delivery Steam

Prezzo 19.99 €

Multiplayer.it

8.5

Lettori

ND

Il tuo voto

Conscript è una ferita purulenta su cui svolazzano mosche distratte; è il rantolo di un ragazzo appena gassato col fosgene; è il ticchettio delle zampette dei ratti che si contendono la mano di un cadavere. Non c'è niente di spettacolare, nell'opera di Mochi, a partire dallo stile grafico dimesso e dai suoi inventari così rétro. Eppure, tutti gli elementi inseriti dallo sviluppatore concorrono nel creare un'esperienza survival horror memorabile, capace di imprimersi a fuoco nell'anima di chi ne fa esperienza. In un mondo in cui l'orrore della guerra è visibile ogni giorno sui nostri social network, rischiamo di diventare meno sensibili al dolore fisico e alla sofferenza psicologica causati dalla violenza. Conscript, grazie all'interattività che è propria del medium videoludico, permette di vivere un'avventura cruda e senza sconti, mai epica, che dimostra alla perfezione che i giochi in generale - non soltanto i videogiochi - non devono essere per forza divertenti. Anzi: la rivendicazione dell'importanza della frustrazione di esplorare una trincea per la centesima volta è fondamentale per trasmettere un messaggio ben preciso. E Jordan Mochi questo lo sa benissimo.

PRO

  • Spietato e con un'anima nera che trascina il giocatore e non lo lascia più
  • Le dinamiche che si generano giocando creano tensione e forte coinvolgimento
  • Artisticamente validissimo
  • Il suo messaggio è universale

CONTRO

  • Certe spigolosità del suo gameplay potrebbero essere un ostacolo insormontabile
  • Hai notato errori?
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Author: Dan Stracke

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